Reati della crisi di impresa.
La bancarotta

Sommario:

  • 1=Introduzione.
  • 2=La prova della prudenza nella gestione.
  • 3=L’entità del reintegro per beneficiare della bancarotta riparata.


1=Introduzione.

E’ doveroso premettere che nell’attività d’impresa vi è una componente significativa di incertezza, legata a fattori difficilmente prevedibili, quali l’andamento generale dell’economia, eventi transitori calamitosi e l’aggressività della concorrenza.

Non è pertanto da escludersi che si attraversino periodi di crisi, che possono essere sanati anche con l’aiuto degli strumenti offerti dalla normativa di settore.

Nonostante tali tentativi, è possibile che la situazione non sia più sostenibile e pertanto l’unica soluzione è la dichiarazione di “liquidazione giudiziale“, locuzione che ha sostituito l’anacronistico termine di “fallimento“.

In presenza di tale esito la gestione pregressa è sottoposta ad un controllo minuzioso, il cui risultato può essere la contestazione dell’imprudenza o addirittura la volontaria dissipazione del patrimonio sociale; è questo il momento da cui può prendere inizio il procedimento penale per il reato di bancarotta.

A questo punto ci preme tuttavia sottolineare che la sussistenza di “un deficit” patrimoniale alla data della liquidazione, non è certamente sufficiente per ritenere integrato il reato di bancarotta. Infatti in conformità alla presunzione di innocenza, è necessario che l’accusa produca elementi che individuino puntualmente le condotte distrattive preordinate a fini diversi dall’attività d’impresa; ovviamente spetterà alla difesa tentare di contestarli (Cass. pen., sez. V, n. 10971 del 1.4.2020).

Dopo questa introduzione sul tema si citano a titolo esemplificativo due questioni di notevole interesse dal punto di vista difensivo, ognuna delle quali ha trovato origine da un caso realmente accaduto.

2=La prova della prudenza nella gestione.

Un amministratore di una società è rinviato a giudizio per il reato di bancarotta “fraudolenta” per dissipazione, per avere attuato un piano di ammodernamento dell’azienda risultato inefficace e per avere consapevolmente acquistato beni non pertinenti con l’attività aziendale.

Al fine di accertare se l’accusa sia fondata, è preso in esame il momento in cui le scelte strategiche sono state effettuate; infatti se risalenti a quando non vi erano segnali di crisi economica, difficilmente possono essere oggetto di censura, rientrando nell’autonomia decisionale di ogni imprenditore.

Nel caso opposto in cui l’azienda al momento della scelta presentava già difficoltà, il parametro di riferimento sono le dimensioni e le condizioni economiche dell’azienda stessa; in particolare, si tratterà di valutare se l’impiego delle risorse sia stato distorto ed “eccentrico” rispetto alle effettive esigenze e alle condizioni economiche sussistenti.

In concreto, viene contestata, l’ingente somma di denaro uscita dalle casse della società per l’acquisto di due auto di grossa cilindrata. Nonostante tali importi fossero importanti in relazione alle potenzialità dell’azienda, la difesa ha ottenuto il proscioglimento dell’imputato in quanto le auto furono usate al principale scopo di fare visita ai clienti e pertanto il possesso era strumentale per garantire un’immagine di solidità dell’azienda; inoltre è stato provato che il loro acquisto fu deliberato in un momento in cui l’azienda stava ricevendo diversi ordinativi dai clienti e non aveva problemi di liquidità; in definitiva la scelta di acquistarle non è stata estranea ai fini dell’impresa e pertanto di non rilevanza penale (Cass. pen., sez. V, n. 45.682 del 1.12.2022).

3=L’entità del reintegro per beneficiare della bancarotta riparata.

Prendendo in esame i reati inerenti la crisi di un’impresa, si deduce agevolmente che per lo più sono reati di “pericolo concreto“, nel senso che per la loro realizzazione è sufficiente esporre a pregiudizio l’interesse patrimoniale dei creditori, senza quindi la necessità ai fini della consumazione di un danno effettivo.

Sulla base di tale natura di pericolo, la giurisprudenza ha coniato l’istituto della “bancarotta riparata” che si realizza quando un’eventuale distrazione di beni viene “annullata da un’attività di segno contrario” che reintegri il patrimonio dell’impresa; si puntualizza, però, che tale rientro deve realizzarsi prima della dichiarazione giudiziale di liquidazione, in quanto è strumentale proprio per evitare che il pericolo per gli interessi creditori si concretizzi.

Nonostante la finalità di clemenza, si rileva che l’istituto trova un’applicazione limitata in quanto si onera l’amministratori della società, in virtù della posizione ricoperta di provare con documentazione l’esatto importo della somma distratta e del conseguente reintegro patrimoniale, precisando che non è comunque necessaria la restituzione del singolo bene sottratto, purché i versamenti corrispondenti, siano esattamente coincidenti con il valore monetario degli atti distrattivi in precedenza perpetrati.

Nel caso in cui la prova in questione sia ritenuta attendibile, il reato non sussiste, in quanto mancante della componente significativa dell’offensività della condotta.

Si riferisce una vicenda processuale in cui il beneficio in esame ha trovato applicazione: un amministratore di una società ha effettuato una distrazione derivante da una vendita in nero di 15.000 paia di scarpe, versando però successivamente nelle casse sociali la somma di oltre un milione di euro; tale importo tuttavia non è stato ritenuto sufficiente nel giudizio di merito ai fini della cd. riparazione, non perché se ne è esclusa la funzione restitutoria, ma perché inferiore alle perdite di oltre due milioni di euro.

Su questo specifico punto la sentenza è stata annullata con rinvio dalla Corte di legittimità, affinché si rivalutasse se la condotta posta in essere dal ricorrente e consistita nel versamento delle casse sociali di oltre un milione di euro fosse o meno superiore al valore dei beni oggetto di distrazione. Infatti per la configurabilità della “bancarotta riparata“, l’entità del patrimonio da reintegrare deve riferirsi soltanto a quella parte dei beni che l’imputato ha provato essere stati oggetto di distrazione (Cass. pen., sez. V, n. 14.932 del 7.4.2023).

In sede di rinvio, la difesa, tramite perizia, ha provato che il valore della merce sottratta era inferiore alla somma reintegrata e di conseguenza ha ottenuto la meritata assoluzione dal reato contestato.

La bancarotta per dissipazione consiste nell’impiego dei beni in maniera distorta e fortemente eccentrica rispetto alla loro funzione di garanzia patrimoniale, per effetto di consapevoli scelte, radicalmente incongrue con le effettive esigenze dell’azienda, avuto riguardo alle sue dimensioni e complessità, oltre che alle specifiche condizioni economiche ed imprenditoriali sussistenti. Cass. Pen., sez. V, n. 45682 del 1 dicembre 2022