Le indagini difensive

Costituisce un dato certo che il processo penale scaturisce e prende forma da un impulso quasi esclusivo dell’accusa; nonostante il ruolo pubblico ricoperto, però, tale parte non dispone di mezzi e personale per svolgere indagini nell’interesse del possibile responsabile.

In passato si è escluso che tale facoltà potesse essere riconosciuta al difensore, in quanto portatore di un interesse privato, il quale conseguentemente non poteva essere sinonimo di attendibilità e veridicità del risultato di un’attività d’indagine.

Con la legge n. 397 del 2000 si è definitivamente abbandonato tale “pregiudizio“, introducendo nel libro V del codice di procedura penale il titolo VI-bis dedicato appunto alle indagini effettuate dal difensore; è evidente che l’intervento in questione è attuativo dell’articolo 111 co. 2 della Costituzione, che riconosce nel processo penale la tendenziale “parità” tra accusa e difesa.

Sul tema merita ricordare che l’esercizio delle indagini difensive può essere esercitato non solo nel caso in cui il cliente abbia ricevuto un formale atto che gli rende noto ufficialmente il suo coinvolgimento in un procedimento penale, ma anche in via preventiva “per l’eventualità che si instauri” tale procedimento (art. 391 nonies c.p.p.).

A tal proposito, si ricorda che può sorgere l’interesse di premunirsi di elementi capaci di contestare un’accusa falsa, i quali, in tempi futuri, risultino di incerta disponibilità; si riferisce l’esempio dell’intervista di un testimone che, affetto da una malattia, è improbabile che possa sopravvivere a lungo per presenziare in sede dibattimentale.

Inoltre è opportuno aggiungere, che il titolare esclusivo delle indagini difensive è il difensore, tuttavia alcune attività possono essere dallo stesso delegate al sostituto, ad investigatori privati e a consulenti tecnici; per espressa previsione normativa, tuttavia, si specifica che l’attività di assunzione di informazioni o ricevimento di dichiarazioni “scritte” da persone informate sui fatti è esercitabile solo dal difensore o dal sostituto (art. 391 bis co 2. c.p.p.).

L’oggetto di indagine può quindi sostanziarsi nell’attività tipica prevista dal codice come audizione di possibili testimoni, richiesta di documenti alla pubblica amministrazione, nomina di consulenti tecnici, accesso ai luoghi e predisposizione di accertamenti non ripetibili. Inoltre è ammessa anche l’attività atipica di investigazione come pedinamenti, colloqui telefonici e predisposizione di filmati video.

Rispetto all’attività degli inquirenti, si ritiene opportuno inoltre sottolineare che il difensore non ha l’obbligo di presentare in giudizio il risultato dell’attività difensiva svolta, quando la stessa presenta caratteri che possono aggravare la posizione del proprio assistito.

Il problema che sorge sul tema è se le indagini difensive siano utili e costruttive per la difesa, tenuto conto anche del costo che il cliente deve sostenere per retribuire investigatori e consulenti.

La soluzione del quesito è relativa, nel senso che dipende dal fatto contestato e dalle disponibilità del cliente; infatti, dopo l’esame del materiale probatorio raccolto dall’accusa, si potrà valutare se può esservi un margine per approfondimenti e per portare avanti una tesi alternativa per contestare l’addebito. Nel caso positivo, spetterà al difensore consigliare al cliente tale opportunità, nella speranza di ottenere risultati compatibili con la linea difensiva individuata.

Ovviamente è dovere concludere, che la materia presenta un margine di incertezza non indifferente, impossibile da prevedere.

Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti,
in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale.
Art. 111 comma 2 della Costituzione.